Oggi ho scelto di essere presente alla commemorazione dei terribili attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre di un anno fa, organizzata dalla Comunità ebraica di Firenze. Di seguito il testo integrale del mio intervento.
In questa triste giornata, che ci vede unite e uniti nella commemorazione, rivolgo i saluti miei e della Regione Toscana a tutte le autorità civili, militari e religiose presenti, alla Comunità ebraica di Firenze e a quante e quanti si sono voluti unire nel ricordo dei fatti drammatici del 7 ottobre 2023.
Desidero iniziare questo mio intervento rinnovando l’inequivocabile condanna di quell’orrore ed esprimendo il mio più profondo cordoglio e la più sincera solidarietà a tutta la comunità ebraica e all’intero popolo israeliano per quei terribili attacchi terroristici, una vile barbarie scatenata da Hamas contro civili inermi.
1200 cittadine e cittadini israeliani sono stati assassinati, di cui ben 859 civili, a cui si aggiungono le 247 persone prese in ostaggio e molte altre scomparse.
Alle loro famiglie, a chi ha perso i propri cari e a chi continua a vivere una tremenda apprensione per le sorti di chi è ancora tenuto in ostaggio, desidero che arrivi un pensiero commosso e la più profonda vicinanza umana, così come desidero che sia forte e chiaro il rinnovo della totale condanna di quelle azioni terrificanti e della strategia del terrore da cui nascono.
Sono ancora nitide nelle nostre menti le immagini dell’orrore di quel giorno, le atrocità perpetrate da Hamas, il dolore indicibile che è stato inferto a centinaia di persone innocenti. Con quelle scene ben fissate nella memoria, suscitano ancora più raccapriccio le parole con cui oggi i terroristi di Hamas celebrano gli attacchi del 7 ottobre definendoli “gloriosi”. La condanna di queste parole e della cultura del terrore e della morte che ci sta dietro deve essere unanime, assoluta e totale; non vi è gloria nella violenza.
La speranza che tutte e tutti noi nutriamo è che si possa compiere ogni sforzo per arrivare presto alla liberazione delle persone innocenti ancora tenute in ostaggio, che possano riabbracciare presto i propri cari. È essenziale che si determinino quanto prima le condizioni per il rilascio, per il cessate il fuoco e per la fine delle ostilità, riprendendo il necessario cammino della diplomazia e della pace.
A un anno dal 7 ottobre, infatti, ci troviamo di fronte a uno scenario drammatico in Medio Oriente, con una guerra che si sta allargando a macchia d’olio in tutta la regione, coinvolgendo un’area sempre più vasta, mietendo migliaia di vittime innocenti e determinando situazioni umanitarie inaccettabili.
Penso infatti che il governo Netanyahu, con particolare riferimento alla situazione nella Striscia di Gaza, abbia imboccato una strada di devastazione e morte di fronte alla quale è impossibile tacere, impartendo lutti e atroci sofferenze alla popolazione palestinese civile inerme. Ridurre migliaia di persone alla fame, distruggere gli ospedali, le scuole e le infrastrutture, creare le condizioni per la diffusione di malattie e infliggere sofferenza fisica e psicologica sono crimini contrari ai diritti umani fondamentali che tutti noi difendiamo e in cui ci riconosciamo e tutto questo non può essere in alcun modo giustificato. A Gaza sono stati uccisi oltre 45.000 palestinesi di cui, secondo recenti dati Oxfam pubblicati da Il Sole 24 Ore, circa 6000 donne e 11000 bambine e bambini.
Il diritto del popolo israeliano a vivere in sicurezza e a difendersi dagli attacchi, che tutti noi riconosciamo, non può tradursi in una risposta sproporzionata che ha ormai assunto la dimensione della punizione collettiva di un popolo intero, quello palestinese.
Ho appositamente scelto di dire “il governo Netanyahu” e non “Israele”, non solo perché una larga parte della società israeliana manifesta regolarmente contro le scelte di quel Governo, già da prima del 7 ottobre, ma perché trovo inaccettabile la confusione che taluni alimentano tra le responsabilità di un governo e quelle di un intero popolo. Questo approccio è figlio di un antisemitismo mai effettivamente sopito e che sta pericolosamente riemergendo con fatti che devono suscitare, nelle coscienze di tutte e tutti, sdegno assoluto e ferma condanna. Penso, ad esempio, allo scioccante cartello contro la Senatrice Segre, un faro per la nostra democrazia, apparso in un recente corteo a Milano, oppure alle stelle di David che, in questi anni, sono tornate a segnalare le abitazioni delle cittadine e dei cittadini ebrei. È puro orrore, che deve vederci unite e uniti nel promuovere la cultura della Memoria e nel contrastare ogni germe di antisemitismo, ovunque esso si manifesti.
Voglio dirlo forte e chiaro anche rispetto ad alcune manifestazioni di piazza nelle quali, accanto a chi cercava uno spazio per manifestare per la pace, c’era chi diffondeva messaggi inaccettabili e violenti: lavorare per la pace e per il giusto riconoscimento dello Stato palestinese è incompatibile con qualsiasi indulgenza verso le terrificanti azioni di Hamas e con l’alimentare la retorica antisemita. Il 7 ottobre non è stato un atto di resistenza, è stato un atto terroristico criminale.
Dobbiamo lavorare tutte e tutti, da chi riveste ruoli istituzionali alle autorità religiose, fino a ogni singola cittadina e ogni singolo cittadino, per fermare la spirale dell’odio e della rassegnazione alla guerra. Ricordare i terribili fatti del 7 ottobre, significa anche rinnovare nelle nostre coscienze la consapevolezza degli effetti devastanti della retorica dell’odio e non dimenticarci del nostro ruolo.
Come ci ha ricordato ieri il Presidente Mattarella con la sua consueta saggezza, raggiungere una soluzione definitiva negoziata, che preveda il riconoscimento di due Stati sovrani e indipendenti, è una responsabilità prevalentemente di israeliani e palestinesi, ma deve vedere attivi tutti i popoli “amanti della pace, affinché l’orrore del passato non si ripeta”.
È un monito importante, perché spesso l’umanità tende a dimenticare gli abissi su cui si è affacciata.
Questa è una giornata di lutto, di commemorazione e di condanna, in cui tutti ci stringiamo intorno al popolo ebraico per quanto accaduto. Nessuno restituirà mai quegli affetti ai loro familiari, ma è fondamentale far sì che le lacrime per quelle perdite nutrano la ferma volontà di essere costruttrici e costruttori di pace e di liberare le future generazioni dagli orrori del terrorismo e della guerra.