Questa mattina è iniziato davvero il nostro pellegrinaggio laico ai campi di sterminio nazisti.
Siamo partiti da Dachau, il primo dei campi aperti dai nazisti, attivo dal 1933 al 1945. 12 lunghissimi anni di orrori e morte. Circa 200.000 persone transitarono da qui, circa 41.500 vi trovarono la morte.
Il campo di Dachau fu il prototipo, il modello, per tutti gli altri campi.
Qui ho visto tutto quello che già conoscevo, ma che finora avevo letto solo nei libri di storia e avevo sentito raccontare dalle testimoni e dai testimoni che ho avuto il privilegio di ascoltare.
Non so descrivere le emozioni che mi ha suscitato. Avevo promesso di documentare questo viaggio, di testimoniare quegli orrori, ma oggi non trovo le parole.
Probabilmente, dopo la visita, non sarei riuscita ad intervenire insieme a Lorenzo, presidente della sezione fiorentina di ANED, come invece ho fatto prima di varcare quel cancello, la soglia dell’inferno, che si apre con una bugia violentemente beffarda: “Arbeit macht frei”, “II lavoro rende liberi”.
Mentre camminavo tra i resti delle baracche, percorrevo il corridoio con le celle dei prigionieri, entravo nel crematorio e visitavo quegli ambienti che erano stati camere a gas, stanze dove venivano accatastati cadaveri già ridotti a scheletri, mentre guardavo quei maledetti forni, ho pensato a quante persone li avevano attraversati in quei 12 anni. Quante vite spezzate, quanto dolore, quante volte gli aguzzini nazisti avevano provato a privare quelle persone di tutto, della loro identità, della loro dignità, fino alla loro vita.
Come è possibile che a pochi chilometri, perfino a pochi metri in alcuni casi, la vita di altri uomini e altre donne scorresse normalmente quando al di là di quel cancello si toccava l’abisso più profondo mai raggiunto dall’umanità?
Oggi a Dachau ero insieme a tantissime studentesse e studenti toscani, eppure c’era assoluto silenzio, solo qualche timida domanda, al massimo.
Nessuna e nessuno di noi trovava le parole per commentare quello che stavamo vedendo e che sono convinta non potremo più dimenticare.